Solo dieci anni fa, la Dea non aveva il rilievo che ha oggi nella cultura
occidentale. Poi, di colpo, eccola ovunque: sugli altari nelle case private,
in pittura, in TV, nella musica, nei nomi dei profumi e delle case di moda.
E' appunto solo una moda, o la rinascita di un antica religione? E che cosa
rappresenta?
La Dea non è solo una moda passeggera. E' il recupero di un'antica
saggezza che per decinne di millenni è stata fonte di significato e
di benessere per innumerevoli uomini e donne come voi.
Nella storia dell'umanità, ogni area geografica ha chiamato con nomi
particolari questa forza divina, venerandola con riti specifici, e applicandole
miti e simboli propri di quella cultura. Ma una cosa è sempre stata
la stessa per tutti: la divinità, come l'umanità, era vista
contemporaneamente
come femminile e maschile, e venerata in forma sia maschile sia femminile.
Dove c'era un Dio c'era anche una Dea, e dove c'era una Dea c'era un Dio.
Poi, alcuni millenni fa, le cose cambiarono. Gli studiosi si stanno ancora
interrogando sul motivo per cui nel bacino del Mediterraneo sorse una divinità
esclusivamente maschile. Questo monoteismo segnò una frattura radicale
con le religioni del passato. L'idea che la divinità riflettesse l'ordine
naturale della vita umana, che è insieme maschile e femminile, venne
rifiutata. Ne seguirono sanguinose persecuzioni, e un numero incalcolabile
di persone vennero uccise perché si rifiutavano di negare l'immagine
amatissima di una Dea amorevole che nutriva e si prendeva cura degli esseri
umani, presente alla loro nascita e che ne accoglieva l'anima alla morte.
Alla fine nessuno osava più parlare di questa amorevole figura, e solo
gli Dèi maschili erano diventati degni del culto e della venerazione
degli uomini.
Ma la Dea non morì del tutto. Rimase viva nelle culture in cui il monoteismo
non riuscì a penetrare, come l'Induismo e la cultura dei Nativi americani.
Anche in alcune culture dominate dal monoteismo la Dea sopravvisse, sotto
vari travestimenti. Le fate delle fiabe conservano i tratti delle antiche
Dee, mentre altre divennero regine ed entrarono a far parte della storia.
Anche nelle religioni monoteistiche troviamo figure femminili, dalle sante
alla Madonna (si pensi che, nel Medioevo, in Europa si eressero più
chiese dedicate a Maria che a suo figlio). Ma, una generazione dopo l'altra,
ai bambini si insegnò che solo il maschile è sacro, e che nascere
donna significava essere escluse per sempre dalla santità.
In questi ultimi decenni, invece un grande movimento sociale e culturale sta
scuotendo il mondo occidentale. La Dea, che non è mai stata dimenticata,
stà ritornando nel cuore degli uomini e delle donne. Anche se le confessioni
monoteistiche continuano a pregare solo un Dio maschile, l'aspetto femminile
del divino viene celebrato in poesia, in musica e nei riti. In alcuni casi
è un culto solitario, in altri è collettivo. Entrambe questa
forme partecipano alla riemersione della religione della Dea.
Secoli di repressione ci hanno gettato nell'ignoranza dei suoi molti nomi
e dei suoi molteplici aspetti. Tanto a livello individuale che culturale,
abbiamo dimenticato che la Dea si manifesta in forma di ragazza e di vecchia,
di amante appassionata e di madre amorevole, e che si manifesta nel mare,
nel vento e nel cielo. Non sappiamo più vederla nella natura e in noi
stessi, perché i nostri occhi si sono abituati a posarsi soltanto su
una divinità maschile. Un elemento della rinascita della sua figura
sta nell'imparare a conoscere la sua fertile molteplicità. Guardando
la varietà delle sue immagini, possiamo iniziare a ricreare la coscienza
della sacralità della donna, di ogni età, colore o etnia, assieme
alla coscienza della santità dell'anima femminile dell'umanità.
Onorare la Dea significa accogliere in un grande abbraccio tutta l'umanità
e tutta la vita. Si inizia dal conoscerne i nomi e le forme. Poi passiamo
a ritrovarla non solo in poesia e nella pittura, ma anche nelle fasi lunari
e nel flusso delle maree, nelle migrazioni degli uccelli e nei cicli del corpo
femminile.
Testo tratto dal "Calendario della Dea 2003"- Macro Edizioni
La Dea nella storia